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La ricorrente, S.B., tecnologa chimica di professione, ha sottoscritto nel 2010 un contratto di lavoro con la società “B.Ç” S.r.l., per ricoprire l’incarico di direttrice tecnica, funzione necessaria ai fini dell’ottenimento della licenza per l’esercizio dell’attività della società stessa. Ai sensi del contratto, la lavoratrice avrebbe percepito un compenso mensile di 25.000 lek per un periodo di cinque anni.
Sebbene non abbia mai esercitato concretamente tale funzione, la società ha comunque beneficiato del suo titolo di studio per il rilascio della licenza. Per tale motivo, S.B. ha proposto ricorso giudiziario per ottenere il pagamento delle spettanze economiche e il risarcimento dei danni derivanti dal contratto di lavoro.

Tribunale di primo grado di Gjirokastër (25 gennaio 2016) – ha rigettato il ricorso.
Il Tribunale ha ritenuto che la risoluzione del contratto di lavoro fosse legittima, a causa dell’inadempimento contrattuale da parte della ricorrente, la quale non si era mai presentata sul posto di lavoro, come risultante dai registri delle presenze e dall’assenza di corrispettivi versati. È stato accertato che la ricorrente ha violato gli obblighi contrattuali, legittimando così il datore di lavoro a procedere con la risoluzione del contratto.
La domanda di pagamento è stata considerata prescritta, ai sensi dell’art. 203 del Codice del Lavoro, essendo decorso il termine triennale dalla maturazione del diritto. Avverso tale decisione, la ricorrente ha proposto appello.

Corte d’Appello di Gjirokastër (13 aprile 2016) – ha confermato la sentenza del Tribunale di primo grado.
La Corte ha ritenuto che il contratto di lavoro stipulato tra le parti non fosse volto a produrre effetti giuridici, dichiarandone la nullità assoluta ai sensi dell’art. 92, lett. ç del Codice Civile, poiché sottoscritto al solo scopo di consentire alla società di ottenere la licenza operativa.
La Corte ha inoltre fondato il proprio ragionamento sulla sentenza unificatrice n. 13/2006 della Corte Suprema dell’Albania. Un atto giuridico affetto da nullità assoluta non produce effetti giuridici, con conseguente rigetto, ritenuto legittimo, delle pretese della ricorrente. Quest’ultima ha successivamente proposto ricorso per cassazione.

Corte Suprema – Sezione Civile (16 luglio 2025) – ha accolto il ricorso, ha annullato la decisione della Corte d’Appello di Gjirokastër e ha disposto il rinvio della causa per un nuovo esame dinanzi a una diversa composizione collegiale della Corte d’Appello a competenza generale, con sede a Tirana.
La Corte ha affermato che un contratto di lavoro non può essere ritenuto fittizio solo per il mancato adempimento di una delle parti; l’assenza di volontà reciproca di produrre effetti giuridici deve risultare chiaramente provata.
La Corte d’Appello ha errato nell’interpretazione dell’art. 12 del Codice del Lavoro. Il contratto di lavoro conteneva infatti tutti e quattro gli elementi essenziali: la prestazione lavorativa, la retribuzione, la subordinazione gerarchica e la durata — elementi che ne garantiscono la validità, anche in quanto registrato presso il Centro Nazionale di Registrazione delle Imprese (QKB).
Il datore di lavoro è obbligato a corrispondere la retribuzione, anche qualora non metta il lavoratore in condizione di prestare la propria attività per fatto imputabile al datore stesso, e la risoluzione del contratto è legittima solo qualora il lavoratore si rifiuti di adempiere alle proprie mansioni.