Fatti: Gli antenati dei ricorrenti possedevano un’abitazione e un terreno che furono successivamente espropriati durante il regime comunista. La Commissione per la restituzione e il risarcimento dei beni restituì una parte del terreno alla famiglia; tuttavia, la domanda relativa alla restante proprietà fu respinta a causa della sovrapposizione con un’altra particella.
La causa fu portata davanti ai tribunali: il tribunale distrettuale e successivamente la corte d’appello emisero una decisione favorevole ai ricorrenti. Tuttavia, nel 2017, la Corte suprema annullò tali decisioni, ritenendo che i ricorrenti avessero già ricevuto la proprietà alla quale avevano diritto.
I ricorrenti presentarono un ricorso alla Corte suprema, sostenendo che tale giurisdizione avesse proceduto a una valutazione dei fatti fondamentalmente diversa rispetto ai tribunali inferiori e che tale valutazione non si basasse sulle prove presentate dalle parti. Essi affermarono che il procedimento davanti alla Corte suprema fosse stato ingiusto, comportando così una violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU).
La Corte europea dei diritti dell’uomo dichiarò il ricorso ammissibile, osservando che la doglianza dei ricorrenti riguardava un diritto tutelato dalla Convenzione e che essi erano direttamente colpiti dall’esito del procedimento giudiziario, il quale implicava possibili violazioni dei loro diritti di proprietà e del diritto a un equo processo.
Motivazioni della Corte europea dei diritti dell’uomo: La CEDU osserva che, nel caso di specie, il tribunale distrettuale e la corte d’appello erano giunti alle stesse conclusioni riguardo ai diritti di proprietà degli antenati dei ricorrenti sul terreno controverso, basandosi su una perizia e su altri elementi di prova.
La Corte suprema, in quanto giurisdizione suprema in Albania, ha messo in discussione le conclusioni della perizia. Tuttavia, i ricorrenti non hanno avuto la possibilità di presentare controargomentazioni a tale contestazione. I fatti presi in considerazione nella sentenza della Corte suprema sembrano differire da quelli stabiliti dai tribunali inferiori e contraddire gli elementi di prova presenti nel fascicolo.
È da notare che la Corte suprema non si è basata su alcuna prova per sostenere le proprie conclusioni e non ha spiegato perché avesse respinto le conclusioni della perizia, redatta da un esperto nominato dal tribunale e convalidata da entrambe le giurisdizioni inferiori. Inoltre, la Corte suprema non ha fornito alcuna spiegazione sul motivo per cui riteneva le conclusioni dell’esperto irrilevanti o inesatte, né sui fondamenti che l’hanno condotta a una conclusione opposta.
Secondo la CEDU, le motivazioni della Corte suprema non possono essere considerate come una semplice interpretazione diversa delle prove, ma costituiscono un rovesciamento arbitrario delle constatazioni di fatto effettuate dai tribunali inferiori, senza fornire una spiegazione adeguata. Inoltre, le conclusioni della Corte suprema si basavano su fatti per i quali non era stata presentata alcuna prova dalle parti nel corso del procedimento.
La Corte conclude che la Corte suprema non ha reso una decisione motivata, privando così i ricorrenti del loro diritto a un equo processo, garantito dall’articolo 6 § 1 della Convenzione.
Di conseguenza, la Corte ha constatato una violazione del paragrafo 1 dell’articolo 6 della Convenzione, nella misura in cui i ricorrenti non hanno beneficiato di una decisione motivata da parte della Corte suprema.


